martedì 30 novembre 2010

Da questo letto vuoto conoscerò me stesso

Assenza, olio su tela, di Rossana Giardini
 Mi giro inquieto in questo letto vuoto. Non sono stanco, non ho più sonno. Ho dormito a sufficienza, ma proprio non mi vorrei alzare.
Non è né tardi, né presto; è un'ora anonima, proprio come mi sento io, quando ogni mattina, non appena alzato, mi cerco automaticamente in ogni specchio, per esserci e per riappropriarmi del mio apparire. Di questo apparire verrò depredato non appena uscirò di casa e tornerò nuovamente ad essere anonimo, confuso in una moltitudine in cui non mi riconosco. Mi accorgo che l'esistenza che ho srotolato fino ad ora si perde nella miopia di ricordi stanchi.
Mi giro ancora, guardo l'orologio. Sono passati pochi minuti. Perchè in questo letto vuoto, anche il tempo sembra stanco, come i miei ricordi? Tra queste lenzuola annoiate da una asimmetrica solitudine, sento tutte le solitudini di un mondo di letti vuoti, io che ora non so nemmeno più a che mondo appartengo. L'unica cosa di cui sono sicuro è che tra queste lenzuola sgualcite sempre dalla stessa parte, desidero ancora, desidero altro. E proprio questo desiderio di essere altro, mi dà la percezione di esistere. Se non esistessi così come sono,così come non voglio, come potrei desiderare di essere altro?
Ma allora, cosa accadeva quando un tempo la rassicurante simmetria si rifletteva nello specchio? Era pura illusione: mi vedevo, esistevo nell'altro, ma non esistevo come me stesso. Credevo di essere perfetto, compiuto, accolto e compreso e non desideravo altro. E nel mio non desiderare, non ero. Senza desiderio non c'è esistenza e anche il tempo non si cura più di noi, fuggendo via in un solo istante. E solo adesso in questa asimmetrica imperfezione, con il tempo che sembra non passare, sento di esserci.
Mi giro ancora, finalmente ce l'ho fatta, si sta facendo tardi. Rimanendo qui disteso rischio di cullarmi tra le braccia di questa solitudine limitante.
E' arrivato il momento. Mi alzo e mi volto a guardare la mia sola forma impressa nel letto, triste per la sua inutilità. Sono in piedi, ma ancora ad occhi chiusi. Oggi non mi cercherò in nessuno specchio. Voglio essere altro.
Una volta fuori,  liberato dall'ego, aprirò gli occhi.
Solo allora, specchiandomi negli occhi dell'altro, conoscerò me stesso.

Spara alla Luna

  (post scritto il 6/10/2009)
La mia visione della vita in certi momenti è romantica, questo è uno di quei momenti.
Per me la luna è un occhio nel cielo che ci osserva, che ci segue silenziosamente o nell'oscurità ci illumina il cammino; è la femminilità recettiva, ha un lato oscuro che E', ma sembra Non Essere, qualcosa che a volte resta nascosto, come a cercare una nuova energia, per poi mostrarsi di nuovo.
La luna è altro da noi, ma da lei siamo profondamente attratti. Se ci troviamo in aperta campagna al buio, è impossibile non cercarla, per vedere dove sia, ed è impossibile non perdersi nei suoi riflessi notturni sulle acque di un lago.
Influenza le maree, e i raccolti. Esiste nel passato, nel presente e nel futuro. Esiste da sempre, da miliardi di anni; esiste per tutti, è di tutti. In questo potremmo dire che luna è democratica, anche se qualcuno afferma di esserne proprietario e prova a venderne qualche pezzo. Ma si sa, l'unico limite alla follia è la stoltezza collettiva di chi assiste a qualcosa senza rendersi conto di cosa sta succedendo.....
E qualcosa sta succedendo:spareranno alla nostra luna, a quella che ha vegliato sugli amori antichi come il mondo; a lei che ha ispirato meravigliose poesie d'amore, fantastici romanzi o filosofiche riflessioni. Il tutto per scoprire se sulla luna c'è stata l'acqua o il ghiaccio. Ma come si può fare una cosa del genere? Un missile che esploderà sulla superficie e lascerà un cratere di 20 mt di diametro e ..4 metri.. di profondità. Non nego che sono afflitto, mi sembra una violenza per tutti e ancora una volta credo che dietro la scienza si mascherino altri obiettivi. Prima di venerdì spero di riuscire a vederla ancora, potrebbe essere l'ultima volta che la vedo come l'hanno vista Socrate, Catullo, Dante o Leonardo da Vinci.....
Non sarà più la stessa luna, ed è difficile accettare che una notizia del genere sia messa in un piccolo riquadro tra un gossip di una intervista a Vanity fair della storia escort berlusconi e poco distante dallo spot di topo gigio contro l'influenza A.
Non ho altre parole, solo tanta tristezza...the science-show must go on.

Corriere 6/10/2009: un missile contro la luna

Gocce di pioggia sul mio viso, adesso tocca a me.

 Avevo 5 anni e vedevo il mondo con gli occhi di un bambino difficile. Mi capitava di viaggiare in auto con i miei genitori, e il tragitto spesso si rivelava terribilmente noioso. Io ero terribilmente noioso. Era la mia parte difficile che si sentiva soddisfatta solo quando diventava noiosa e coinvolgeva in questo tormento l'intero me stesso. Fortunatamente a volte la noia spariva semplicemente guardando il mondo che scorreva fuori dal vetro come un film sopra uno schermo: montagne, mulini, cavalli al pascolo, tralicci dell'alta tensione, covoni e balle di fieno appena raccolto. Cercavo di concentrare l'attenzione su qualcosa, ma come l'attenzione perdeva il fuoco dovevo subito trovare un altro centro di attenzione, altrimenti la noia mi avrebbe nuovamente assalito.
Quando pioveva era tutto più difficile. Quello stesso paesaggio diventava cupo, sfocato dai vetri bagnati e dalla pioggia cadente. Era impossibile concentrare l'attenzione sul mondo fuori, quel mondo era fuori fuoco. Ed allora l'attenzione si fermava al vetro. Quelle gocce sul vetro attiravano la mia attenzione. Cominciavo ad osservarle e le vedevo muovere, prendere strane direzioni. Sembravano impaurite, sembravano fuggire. Tutte verso una direzione, ma seguendo sentieri diversi. E questo mi divertiva. Avevo inventato un gioco: fare una gara tra le gocce d'acqua e osservare qual'era la goccia che si muoveva per prima e vinceva. Per me quelle gocce erano vive, avevano un anima. Le gocce che cadevano dal cielo stavano andando a raggiungere un punto ben preciso del suolo, ma l'auto dei miei genitori su cui esse cadevano le portava via con se, allontanandole dal loro obiettivo.
E così io che dovevo sopportare questa noia del viaggio, potevo alleviare la mia pena pensando alla sofferenza di queste gocce che avevano avuto la sfortuna di essere investite dalla nostra auto. Erano gocce che si erano fatte coraggio per affrontare la caduta, avevano un obiettivo da raggiungere,ma poi venivano investite e portate via.
L'impatto sul vetro era duro, molte restavano quasi stordite. Poi a poco a poco cominciavano a riprendersi e a muoversi. Cercavano di tornare indietro, chiedendo aiuto al vento. Lasciando scie diagonali si facevano forza le une con le altre; si univano, ma a volte si separavano, quando qualcuna non ce la faceva e veniva lasciata indietro. Alla fine quasi tutte quelle che si erano riprese, in un tentativo disperato di raggiungere la loro meta, scivolavano via dal vetro  raggiungendo l'acqua sulla strada.
Purtroppo una volta che lasciavano quel vetro, sparivano dalla mia vista, per sempre.
Non ho mai saputo che fine abbiano fatto quelle gocce che mi hanno salvato dalla noia in tutti quei viaggi da bambino. A qualcuna ero più affezionato di altre: ne ricordo una che sembrava una stella, qualcun'altra un sorriso, un'altra ancora un cuore. Oggi quando mi trovo fuori e comincia a piovere, non apro subito l'ombrello, mi piace per un po' sentire la pioggia sul mio viso. Alcune gocce cadendo sembrano molto più grandi delle altre. Mi piace pensare che le gocce grandi siano quelle che ce l'hanno fatta. Scivolando via da quel vetro 35 anni fa, sono riuscite a salvarsi e a realizzarsi anche in un progetto più grande di quello che era il loro obiettivo.
Sento la loro gioia trasmettersi al mio cuore; è incontenibile mi fa sentire bene. E' come se  scegliessero di cadermi addosso per venire ad incoraggiarmi. Poi apro l'ombrello e porto via con me altre piccole gocce togliendole al loro destino, ma cadono sul morbido e scivolano di li a poco, vicine alla meta e alla loro realizzazione. Anche loro ce la faranno, ma adesso tocca a me.

Whatever Works - Basta Che funzioni

Ieri sera ho rivisto il divertente Whatever Works - Basta Che funzioni di Woody Allen.
Un film piacevole con cui il nostro piccolo genio occhialuto, attraverso il suo personaggio alter ego (un fisico quantistico quasi nobel,  zoppo e misantropo) vuole dirci che dobbiamo fregarcene dei clichè, degli stereotipi, dei luoghi comuni. Dobbiamo essere come ci sentiamo di essere. Liberarci da gabbie sociali, culturali o morali che stritolano il nostro io e diventano fattori da cui originano le nevrosi.
L'importante è che quello che facciamo da soli o insieme alla persona con cui dividiamo la nostra vita, sia sempre fatto in totale libertà e mai imposto. Così dura finche dura: basta che funzioni.
Un'altra commedia di dialoghi e situazioni paradossali che fa ridere ed invita a riflettere.